Nubi minacciose incombono sulla nostra testa.
Nell’aria si sentono grosse cariche di elettricità, i capelli
ed i peli delle braccia cominciano ad elettrizzarsi, ho la pelle d’oca.
Quando siamo partiti il cielo era terso e le previsioni del tempo,
pur essendo mediocri non ci facevano pensare ad un cambiamento così
repentino.
Cercando di non pensare al peggio continuiamo a scalare, mancano
ancora una decina di tiri per uscire dalla via e sentirsi relativamente
più tranquilli.
La sosta è molto comoda ed io dal terrazzino scruto in continuazione
il cielo mentre continuo a dare corda a Phill che sale con una apparente
tranquillità nonostante tutto.
Dal grande canale alla mia sinistra salgono nebbie che si fanno
sempre più fitte portandosi in alto spinte da folate di vento freddo.
Tutto ad un tratto non riesco a vedere più oltre il primo
chiodo che si trova appena pochi metri sopra di me.
Le corde salgono in mezzo alle nuvole e spariscono
avvolte da questo immenso biancore.
Continuo meccanicamente a dare corda sperando
che il temporale non scarichi la sua forza e che la pioggia ci risparmi,
non tanto per la paura di bagnarsi ma per le difficoltà di salita
che aumenterebbero considerevolmente con la parete bagnata.
Finalmente Phill è arrivato alla sosta,
non lo sento o forse non ha neanche detto niente ma lo intuisco dal fatto
che ha recuperato una sola corda perciò dovrebbe essersi già
assicurato.
Quando sento tutte e due le corde in tensione
senza neanche provare a chiamarlo inizio a salire verificando che via via
mi recuperi cosa che fa con forza, le corde mi tirano molto, ad ogni strattone
il nodo mi sbatte nel naso e mi verrebbe voglia di urlargli di fare più
piano ma penso che sia in agitazione da come tira e lascio perdere anche
il nodo che mi procura dolore ogni volta sulla pelle fredda.
L’umidità e il freddo nella salita cominciano a farsi sentire
con dolori alle vecchie fatture e le dita si stanno intorpidendo perdendo
parte della sensibilità.
Sto salendo immerso nelle nuvole e non riesco ad intravedere oltre
un paio di metri sopra di me.
Finalmente raggiungo Phill, è molto preoccupato per le condizioni
meteo e per la possibilità che il temporale possa scaricare tutta
la sua forza.
Cerco di rassicurarlo parlandogli del mare e delle spiagge assolate
dell’Adriatico dove la vita e frenetica e la goduria immensa, delle tedesche
sdraiate sui lettini e la birra che scorre a fiumi, di seni nudi e culi
rotondi ma non riesco ad essere convincente, forse ho addirittura aumentato
il suo nervosismo parlando di situazioni impossibili da immaginare in queste
condizioni.
Lascio perdere e cerco di individuare il percorso
da seguire per il prossimo tiro di corda, prendo un po’ di materiale ed
inizio ad arrampicare, Phill cerca di dirmi qualcosa ma non escono parole
dalla sua bocca, lo guardo appena messo il rinvio al primo chiodo come
per chiedergli se c’è qualcosa che non va ma non risponde.
Per non peggiorare la situazione riparto a
salire senza dire più niente.
Alcune gocce di pioggia cominciano a bagnarmi
i pantaloni e via via anche le scarpette, inizia veramente a piovere, riesco
senza eccessive difficoltà ad arrivare alla sosta situata su una
piccola cengia e quindi abbastanza comoda, poco più in là
una grotta potrebbe consentirci di ripararci dalla pioggia.
Recupero Phill che arriva alla sosta completamente
bagnato, la pioggia ha iniziato a scendere con insistenza.
Insieme decidiamo che è meglio aspettare
un po’ di tempo e che la cosa più saggia sarebbe quella di togliersi
tutto il ferro che abbiamo attaccato all’imbracatura.
La sosta della cengia è ottima, un vecchio chiodo ed uno nuovo
collegati da un buon cordino hanno un effetto molto rassicurante, raggiungiamo
la grotta dove si riesce a stare accovacciati tutti e due e cerchiamo di
sistemarci in modo più comodo possibile sperando di non dover stare
troppo tempo in questa posizione.
Raccogliamo tutto il materiale intorno ad un cordino che assicuriamo
nelle vicinanze della sosta ma dalla parte opposta alla quale siamo noi,
ammatassiamo la corda rimasta e su questa ci sediamo in maniera da essere
isolati da terra,
La pioggia continua incessante, ora ha iniziato anche a tuonare,
il fragore nel canale è pauroso, si sentono echi che sembra durino
un’eternità, ogni tanto anche qualche masso rotola in fondo aumentando
il rumore.
Aspettiamo ansiosi il passaggio del temporale, siamo in una posizione
tranquilla e, a parte l’umido e il dover uscire dalla via, non dovremmo
correre eccessivi rischi.
Phill ora è più tranquillo, non
possiamo far altro che aspettare, e ritorna sul discorso che avevo cercato
di intavolare (sic!) alla sosta precedente.
Mi dice :
-Ehi non è possibile che tu pensi sempre
alla fica anche in queste situazioni, non sarai mica malato ?,
sei stato recentemente dal dottore per caso
?
io ti consiglio una visita generale, la tua
è veramente una fissazione !.
Però devo dire che forse hai ragione
Marc, è meglio pensare alle cose belle e piacevoli della vita, quanto
vorrei in questo momento essere da un’altra parte, perché siamo
venuti su questo cazzo di parete con questo tempo ?.
Visto però che hai affrontato questo argomento ti racconterò
una cosa incredibile che mi è successa mentre facevo ritorno a casa
la settima scorsa.
Nell’attesa del treno verso Marseille mentre ero su una panchina
di marmo alla stazione di Lyon si è seduta accanto a me una ragazza,
una vera strafica, abbronzatissima, avrà avuto intorno ai venticinque
anni, ed in mano un note- book Texas.
Intuisco dalla sua espressione che non è molto pratica della
macchina, sta cercando di capirne il funzionamento, l’aiuto nel trovare
il pulsante di start e lei rimane felicemente entusiasta nel capire che
me ne intendo, mi fa un sacco di domande alle quali riesco a rispondere
con disinvoltura e capisco di avere acquistato una grossa credibilità
ai suoi occhi.
Nel frattempo arriva il treno e senza dirci altro entriamo nello
stesso scompartimento, stranamente vuoto, seduti uno davanti all’altro,
lei ripone nella borsa che ha appoggiato per terra fra le gambe il note-
book e nel chinarsi mi mostra attraverso la scollatura della canottiera
i suoi seni rotondi con un capezzolo rittissimo.
Indugio, non so se guardare o fare finta di
niente ma dentro di me sento un gran ribollire.
Si sarà accorta che la guadavo o lo
avrà fatto apposta per vedere la mia reazione ?
dopo poco cerca di nuovo di prendere il note-
book ma la cerniera della borsa si è bloccata, mi chino anch’io
per aiutarla, gli occhi ritornano automaticamente su quella splendida visione,
nonostante la posizione i seni sono attaccatissimi e appuntiti, non riesco
a distogliere gli occhi e non lo faccio volontariamente.
Lei mi fissa negli come a chiedermi approvazione
del suo corpo e credo di averglielo dimostrato ostentando sicurezza anche
se interiormente con molto imbarazzo.
Non voglio fare la figura del fesso e devo
cercare di essere naturale anche se onestamente non è molto facile.
Appena il treno parte lei comincia a parlarmi
della sua attività lavorativa, deve fare una ricerca per l’università
e deve imparare ad usare il note-book per fare una relazione.
Io la ascolto in silenzio e intanto la ispeziono in ogni parte del
corpo, gli occhi sono verdi con un taglio bellissimo quasi orientaleggiante,
il naso leggermente alla francese, le fisso l’attaccatura delle labbra,
i seni, le mani ed i fianchi.
I fuseaux attillati evidenziano un rigonfiamento all’altezza del
pube e più in basso una piegatura le entra fra le grandi labbra
mostrandone la conformazione.
Il suo corpo emana dei profumi incredibili e quasi esotici
Lei si accorge immediatamente dei miei sguardi, non era d’altra
parte molto difficile, ed appare molto compiaciuta di questo mio interesse
molto evidente e molto morboso.
Si siede accanto a me, riprendendo in mano
il note-book con la scusa di capire meglio la funzioni di un tasto, appoggia
il braccio sulla mia coscia per reggerlo meglio e il suo gomito mi punta
incredibilmente proprio sul cazzo.
Lei si accorge della mia reazione e continua
a muovere il gomito , io sono in estasi, vorrei essere da un’altra parte,
in un’altra situazione e la mia immaginazione corre, mentre penso tutto
questo, senza dire niente, la sua mano scivola dolcemente fin dentro i
pantaloni .
Con il corpo volta le spalle al corridoio
per cercare di coprire la scena, e con una dolcezza incredibile inizia
a masturbarmi senza che nessuno dei due dica una parola.
Mentre mi agito il treno rallenta e si ferma,
"Avignon, gare d'Avignon" si sente dire dall’altoparlante sui binari, lei
si alza velocemente dalla posizione scomoda che nel frattempo aveva assunto,
si asciuga la bocca e scappa via con la borsa del note- book.
Rimango inebetito per diversi istanti e faccio appena in tempo, mentre
il treno riparte lentamente, ad affacciarmi dal finestrino per cercare
di vederla è sul binario che fruga dentro la borsa.
Ehi, - le urlo -, ma dimmi almeno come ti chiami ! Che importanza
ha - mi risponde - se vuoi puoi chiamarmi Jenny!
Il conduttore mi sveglia alla stazione di Marseille, sono arrivato.-
Il racconto di Phill mi ha eccitato come una
bestia ma seduto sulla corda ed in questo momento è l’ultima cosa
al mondo che avrei desiderato.
Certo che stento a credere a quello che ha
raccontato, sembrava più una storiella da romanzo erotico che realmente
accaduta ma forse anche quelle a qualcuno succedono, a me non è
mai capitato chissà ?
Anch’io, per non essere da meno, racconto
alcune mie storielle insignificanti più per ingannare il tempo che
per necessità di far sapere le mie storie.
La nebbia è sempre fitta, da un’ora siamo bloccati in questo
buco e non ne possiamo più di stare in questa posizione, le gambe
si stanno informicolendo e inizia pure a fare freddo per il vento che nel
frattempo si è alzato.
Ed è la nostra fortuna, la pioggia è finita e, ad
un tratto, un timido raggio di sole filtra tra la nebbia e le nuvole.
Ci guardiamo in faccia con segni di gioia, se il sole riesce ad
uscire dalle nuvole e con un po’ di vento la parete si asciugherà
velocemente e noi potremo riprendere la scalata anche se abbiamo ancora
circa centocinquanta metri da salire.
Con movimenti molto rallentati a causa della posizione tenuta per
più di un’ora ci rimettiamo in moto.
Phill recupera il materiale lasciato alla sosta e riparte scalando
il camino che si presenta ancora abbastanza bagnato.
Le altre lunghezze di corda non ci creano problemi
particolari tranne la sera che, se pur lentamente, prende il sopravvento
sulla luce del giorno.
All’uscita della via è quasi buio,
i colori cominciano a non distinguersi più ma ora siamo al sicuro,
Le tracce di sentiero sono abbastanza evidenti
e gli ometti di pietra ci indicano la via da seguire.
Ormai è buio fondo, il temporale ha
ripulito il cielo che è ora tutto sereno, le stelle stanno apparendo
in tutta la loro lucentezza e la luna piena ci aiuta nella discesa. Non
c’è necessità di usare la pila frontale.
Sulla cengia appena sopra il sentiero dormono tranquilli un gruppo
di camosci.